V. 62 N. 5-6 (2007):
Sezione speciale

Interventi selvicolturali in cedui di faggio che hanno superato il turno consuetudinario e valutazione della biomassa legnosa ritraibile

Orazio Ciancio
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali, Università degli Studi di Firenze.
Francesco Iovino
Dipartimento di Difesa del Suolo, Università della Calabria. Arcavacata-Rende (Cosenza).
Giuliano Menguzzato
Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agricoli e Forestali, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria.
Antonino Nicolaci
Dipartimento di Difesa del Suolo, Università della Calabria. Arcavacata-Rende (Cosenza).

Pubblicato 2007-12-19

Parole chiave

  • cedui di faggio,
  • conversioni,
  • biomasse per usi energetici.

Abstract

La produzione di biomassa per fini energetici è tradizionalmente rappresentata dalla legna da ardere, ottenuta prevalentemente dall’utilizzazione dei cedui.
In Italia dei 5,1 milioni di metri cubi di legna per combustibile (legna da ardere, fasciname e legna che verrà sottoposta a carbonizzazione) ben il 78% proviene dai cedui.
Oltre i cedui «a regime», ai fini della produzione di biomasse, assumono particolare importanza quelli da tempo
non più utilizzati e che hanno superato largamente il turno consuetudinario. In questi popolamenti la biomassa è aumentata in modo significativo e le caratteristiche dei suoli sono migliorate. Per questi boschi, per lo più di proprietà pubblica ma anche di privati che per cause diverse hanno abbandonato la coltivazione, la scelta di avviare la conversione del ceduo in fustaia è obbligata e diviene una ipotesi di lavoro da attuare nella consapevolezza che tale pratica colturale corrisponde a interessi collettivi, oltre che individuali.
Nel presente lavoro viene valutata l’entità della biomassa legnosa utilizzabile con interventi di diradamento in cedui di faggio, che hanno superato il turno consuetudinario, applicando il metodo del rilascio intensivo di allievi, che prevede un algoritmo colturale basato su interventi di debole intensità, ripetuti a brevi intervalli di tempo.
Applicando tale metodo è stato verificato come prelevando dal 13 al 33% di massa con, rispettivamente il 29 e
43% di polloni, non si alterano le condizioni strutturali del soprassuolo, non si modifica l’efficacia della copertura sulla conservazione del suolo, non si provoca un impatto negativo dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Inoltre, si utilizzano mediamente da 50 a 100 m3 ha-1 di massa legnosa che possono contribuire significativamente ad alimentare la
filiera del legno per usi energetici.