V. 55 N. 6 (2000):
Sezione speciale

FRA AGRICOLTURA E SELVICOLTURA: IL RUOLO DEL BOSCO E LA COLTIVAZIONE DELL'ABETE A VALLOMBROSA, FRA XIII E XVII SECOLO

Mauro Agnoletti
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali, Università di Firenze, Via San Bonaventura 13 - 50145.

Pubblicato 2013-06-25

Abstract

Non pare esservi univocità di vedute fra storici e forestali per ciò che riguarda la datazione dello sviluppo di un corpo consolidato di pratiche configurabili come un modello di selvicoltura, ma anche sul ruolo del bosco nell'economia vallombrosana. Nei primi secoli di vita del monastero la formazione che in assoluto aveva la maggiore estensione era probabilmente il querceto a cui seguiva il castagneto, mentre il faggio e l'abete avevano un ruolo piuttosto limitato, sia come superficie sia come valore economico. Fra le due era però il faggio quello soggetto alle maggiori attenzioni, anche dal punto di vista religioso, è noto infatti che questa specie era considerata sacra per un miracolo compiuto dal Santo proprio nell'eremo. Solo dalla fine del XVIT secolo la gestione delle abetine si configura come una importante attività economica, per la quale vengono messe in atto tecniche selvicolturali basate sulla rinnovazione artificiale posticipata, impiegando semenzali della stessa età, con piantagione regolare a file, con lo scopo di ottenere un soprassuolo coetaneo di tipo monospecifco.