V. 65 N. 5 (2010):
Sezione speciale

Composizione, struttura, quantità e qualità del legno morto nella foresta della Verna (Arezzo, Italia)

Renzo Motta
Università di Torino
Roberta Berretti
Università di Torino
Simone Borchi
Comunità Montana del Casentino
Alfredo Bresciani
Comunità Montana del Casentino
Matteo Garbarino
Università di Torino
Diego Trucchi
Università di Torino

Pubblicato 2013-05-16

Parole chiave

  • legno morto,
  • dinamica forestale,
  • decomposizione del legno,
  • faggio,
  • abete bianco,
  • struttura
  • ...Più
    Meno

Abstract

La foresta della Verna si estende per circa 203 ettari di superficie ed è posta sullo spartiacque tra la valle dell’Arno e quella del Tevere all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna. Proprietà dei Frati Minori Francescani dagli inizi del 1200 la foresta è gestita dal 1985 dalla Comunità Montana del Casentino.
Nell’autunno del 2008 all’interno della foresta è stata delimitata un’area di studio di circa 36 ha, ad una quota variabile tra 1100 e 1280 s.l.m., caratterizzata dalla presenza di boschi misti con faggio, abete bianco ed altre latifoglie, pluristratificati e maturi.
All’interno dell’area di studio si è proceduto alla individuazione di un reticolo di campionamento sistematico con un passo di 100 x 120 m mediante il quale sono stati localizzati 33 punti di campionamento. In ogni punto sono stati effettuati dei rilievi sulla struttura della foresta e sulla quantità e sulla qualità della necromassa presenti.
L’area oggetto di studio è risultata avere 473 individui ad ettaro (con un range di variazione di 133-1283) con diametro a petto d’uomo > 7,5 cm ed un volume di alberi vivi pari a 657,1 m3ha-1 (range di 299-1452,9). Il valore medio di volume ad ettaro di necromassa è risultato di 66,9 m3ha-1. Il valore minimo riscontrato è stato di 3,7 m3ha-1 e quello massimo di 355,8 m3ha-1.
L’area di studio, oltre al riconosciuto valore storico e culturale, ha quindi evidenziato anche un notevole valore naturalistico. La selvicoltura, continua ma di bassa intensità ed indirizzata al mantenimento degli assetti naturali, che è  stata tradizionalmente applicata dai monaci francescani ha infatti mantenuto elementi strutturali tipici degli stadi di sviluppo più maturi: quantità e qualità di legno morto presente, dimensione degli alberi dominanti ed età raggiunta dagli esemplari più vecchi permettono di classificare questa foresta tra i boschi misti di faggio ed abete bianco dell’Appennino che presentano le migliori caratteristiche di vetustà.